Per il terzo anno consecutivo la Fondazione “E. Zancan” di Padova si pone il problema di come contrastare il clima di disgregazione sociale che caratterizza il paese, mettendo in luce pratiche innovative di integrazione e partecipazione. L’accento ancora una volta è sui laboratori di cittadinanza (già al centro di due seminari: uno nel 2008 e uno nel 2009), individuati come luoghi in cui far nascere nuove soluzioni a problemi che alterano il contesto di vita nella comunità. Per l’occasione è riunito nella sede estiva di Malosco (TN) della Fondazione Zancan, un gruppo selezionato di esperti che fino a mercoledì 1 settembre partecipano al seminario di studi «L’apporto dei laboratori di cittadinanza sociale al superamento dei conflitti sociali: analisi di esperienze». I partecipanti, in questa sede, si stanno confrontando sui temi del conflitto sociale e dell’integrazione, proponendo e discutendo buone pratiche.
Il dibattito è tuttora in corso ma molti sono gli spunti fin qui emersi, come quello che nasce dall’esperienza della Fondazione Casa della Carità di Milano, presieduta da don Virginio Colmegna, attualmente impegnata in vari progetti tra cui anche quello che coinvolge un campo nomadi milanese. Si tratta del campo Triboniano, in fase di smantellamento per lasciare libero il terreno all’Expo 2015: “Al suo interno si trovano 102 nuclei familiari – spiega don Colmegna – e proprio in questo momento si stanno utilizzando gli strumenti del ‘Piano Maroni’ per ricollocare le famiglie. Questo è possibile, ad esempio, grazie a percorsi di accompagnamento per avviare attività lavorative in Romania o alla concessione di aiuto per trovare abitazioni adatte. In sostanza si sta cercando, con Prefettura e Comune, di costruire buone pratiche: partendo da una situazione di ’emergenza’ si stanno cercando soluzioni valide, affrontando la problematica con il criterio dello ‘stare in mezzo’ e lanciando una politica di coesione sociale. Questo è possibile unendo le competenze e interrogando la politica su un tema – quello dei diritti – che non appartiene solo al campo sociale ma che è trasversale”.
In questa ricerca di coesione sociale un ruolo di primo piano può essere rivestito dalle scienze sociali, che devono però rivedere il proprio oggetto di studio: ne è convinto Augusto Palmonari, professore di Psicologia sociale all’Università di Bologna, secondo cui è possibile “utilizzare le scienze sociali per mostrare non solo le lacune nei rapporti tra le persone, ma anche le potenzialità. Le scienze sociali, in sostanza, devono superare le tentazioni pessimistiche e diventare non solo strumento di denuncia, ma anche di diffusione di ciò che di buono c’è. Di più: a loro spetta il compito di spiegare come produrre ‘il buono’”.