Sono iniziati il 9 settembre i lavori nell’ambito del meeting “Le forme dell’affido in Europa: cosa sappiamo degli esiti e delle condizioni di efficacia?” organizzato dalla Fondazione Emanuela Zancan di Padova con l’International Foster Care Research Network, l’associazione internazionale per la valutazione di esito in area infanzia e famiglia (iaOBERfcs), la Fondazione Paideia di Torino. Oltre cinquanta esperti, di cui 40 provenienti da 15 paesi europei, sono arrivati a Padova per un confronto e uno scambio di esperienze e soluzioni in materia di affido e tutela dei diritti dei minori. I lavori, in questa prima fase riservati agli esperti, si concluderanno mercoledì e saranno seguiti da una conferenza aperta al pubblico in programma giovedì 12 (ore 9-18) nell’auditorium del centro culturale Altinate San Gaetano.
Il confronto internazionale consente non solo di apprendere quanto di buono viene fatto oltre confine, ma anche di avviare una seria riflessione sullo stato dell’arte del sistema e sulle attuali criticità. «Guardare all’affido in Europa è come fare un viaggio nel tempo – commenta il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato -. Paesi come la Lituania, il Portogallo e la Croazia rappresentano in qualche modo una prima fase, l’affido come lotta alla istituzionalizzazione, caratterizzato da grandi speranze. Il nostro presente, al pari di Germania e Francia, è quello di un paese che si pone delle domande: è proprio così che vanno fatte le cose? L’affido ha mantenuto le sue promesse? Il futuro lo stanno prefigurando ad esempio Paesi Bassi, Svezia, Inghilterra, dopo aver condotto studi indipendenti. Mostrano che l’affido non è buono di per sé, dipende dai casi, dai problemi e da come vengono affrontati. Non è una soluzione per raddrizzare i bilanci degli enti pubblici. È un mezzo (non un fine) da usare con responsabilità, verificando i suoi esiti nel breve periodo e non solo dopo molti anni».
Secondo le ultime stime disponibili in Italia a fine 2010 erano 29.309 i ragazzi fuori della famiglia (il 2,9 per mille della popolazione minorile complessiva). Ma, cosa non nuova nel nostro paese, i dati evidenziano profonde disuguaglianze. La prima è di carattere geografico: il tasso di allontanamenti varia notevolmente a seconda della regione considerata. La forbice è ampia e va dall’1,6 ogni mille bambini dell’Abruzzo a un massimo di 4,7 per mille della Liguria, con differenze piuttosto accentuate. I dati medi sono del 3,1 per mille a Nord-Ovest, del 2,9 per mille a Nordest, del 3 per mille al Centro, del 1,6 per mille al Sud e del 3,5 per mille nelle Isole. Il Veneto, con 2.075 minori fuori famiglia, ha un tasso del 2,5 per mille (fonte: Centro Nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, 2013). «Queste differenze non sono spiegabili con bisogni di maggiore o minore intensità – precisa Vecchiato -. Ci parlano della maggiore o minore presenza di risorse e capacità professionali per affrontare i problemi presenti nei territori».
La seconda disuguaglianza è anagrafica ed esistenziale: con il crescere dell’età prevale l’accoglienza nelle comunità residenziali (82% tra i 14 e i 17 anni). Per i bambini tra 0 e 2 anni l’affido è messo in atto nel 73% dei casi, scendendo a quota 35% tra gli 11 e i 13 anni e arrivando al 18% tra i 14 e i 17 anni. Per Vecchiato sono almeno due le spiegazioni: «Da un lato è evidente che se l’allontanamento necessario è rimandato (anche per incapacità e paura di decidere) il problema cresce, si cronicizza, rendendo necessari gli interventi dei magistrati. Molti affidi familiari tardivi falliscono. Le famiglie disponibili all’affido stanno diminuendo. Chiedono di non essere solo selezionate e formate ma soprattutto accompagnate e sostenute».