La capacità trasformativa dell’assistente sociale nel lavoro con le persone anziane: è questo il tema dell’ottava edizione del corso per assistenti sociali organizzato dall’Associazione Scientifica per la Promozione dell’Invecchiamento Attivo e le Cure Integrate P.I.A.C.I., associazione costituita nel 2010 dalla Fondazione Emanuela Zancan Onlus, dal Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali (CNOAS) e dal Gruppo di Ricerca Geriatrica (GRG) di Brescia. Il primo corso si è svolto a Bologna lo scorso maggio; nell’autunno si replica a Roma dal 29 al 31 ottobre per favorire la partecipazione anche delle regioni del Centro-Sud. L’obiettivo è di evidenziare la capacità dell’assistente sociale di promuovere cambiamento con le persone utenti dei servizi in un’ottica di welfare generativo. A tal fine, nella seconda giornata il corso si articolerà in due percorsi paralleli per consentire l’apporto attivo dei partecipanti attraverso la presentazione di esperienze di capacità trasformativa nei servizi domiciliari, semiresidenziali e residenziali (secondo le indicazioni del call for paper predisposto dal comitato scientifico del Corso).
“L’attuale modello di welfare si è rivelato incapace di dare risposte alle persone in difficoltà, siano esse anziane o minori, e alle loro famiglie. La radicata tendenza a stanziare contributi economici piuttosto che attivare servizi è il principale motivo del fallimento” – spiega Tiziano Vecchiato direttore della Fondazione Zancan e Presidente Piaci -. “I servizi rappresentano un investimento, possono rigenerare le risorse economiche, e soprattutto quelle umane e sociali, possono riabilitare e riattivare le capacità e valorizzano le capacità delle persone per ‘imparare ad aiutarsi da sé’”.
Il ruolo dell’assistente sociale è fondamentale, a patto che accetti la sfida di agire in modo più responsabile e responsabilizzante. “Possiamo chiedere alle persone utenti di responsabilizzarsi solo se non facciamo i burocrati – precisa Elisabetta Neve, docente di Servizio sociale e collaboratrice della Fondazione Zancan -, ma accompagniamo le persone per far rendere il capitale umano”. Quello che si chiede alla professione è un cambio di paradigma: “Non si tratta semplicemente di aggiungere delle tecniche alle nostre competenze, ma di avviare piccoli-grandi cambiamenti che possono trasformare: le buone intenzioni in effettivi risultati, la dipendenza dall’istituzione in forza di negoziazione, la stessa immagine della professione, la cultura di beneficenza e assistenzialismo in cultura dei diritti e delle responsabilità”. Concretamente significa: razionalizzare gli interventi definendo precisi obiettivi, dotarsi di strumenti per misurare i risultati ottenuti, valutare gli esiti per accumulare saperi e costruire evidenze, adoperare il patrimonio professionale come mezzo di comunicazione trasparente e argomentata.