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Coinvolgere i giovani, le istituzioni e lavorare in rete: le priorità dei volontari italiani

Sono circa un milione e 125mila i volontari attivi in Italia riuniti in oltre 35mila associazioni, secondo i dati della Quarta Rilevazione Fivol (Fondazione italiana per il volontariato, anno 2006). Sono dunque fitte le fila dell’esercito pacifico di persone quotidianamente impegnate ad aiutare gli altri e a prendersi cura della comunità. Eppure le loro voci sono silenziose, inascoltate perché nessuno finora aveva chiesto loro un’opinione sulle attività che svolgono, su come vedono il futuro del volontariato, sui suoi pregi e difetti. A colmare questa lacuna ci ha pensato la Fondazione “E. Zancan” onlus, che ha presentato oggi (16 settembre 2009) la prima ricerca nazionale che coinvolge direttamente i volontari. Lo studio, dal titolo “Il futuro del volontariato“, è stato realizzato somministrando approfonditi questionari a 1.424 persone. Sono state selezionate grazie alla collaborazione di Csvnet, dei Centri servizio per il Volontariato e di numerose associazioni coinvolte direttamente dalla Fondazione. Questo ha reso possibile un campionamento dei volontari rappresentativo di tutto il territorio nazionale.

I PRIMI RISULTATI DELL’INDAGINE

Nel complesso, la ricerca mette in luce come i volontari non percepiscano una crisi dei propri valori identitari: le motivazioni etiche, gli obiettivi di carattere comunitario, i valori di gratuità e solidarietà sono coltivati. I volontari credono nel loro ruolo di anticipazione dei nuovi bisogni, integrazione e miglioramento dei servizi esistenti, promozione e tutela dei diritti dei più deboli. Tuttavia, sono anche consapevoli che esistono numerose difficoltà nel portare avanti i loro valori. Tra queste, l’assenza di collaborazione tra le associazioni (41% di risposte “Molto/Moltissimo d’accordo“), l’eccessivo carico burocratico e amministrativo (30%), il non facile rapporto con le istituzioni e la difficoltà nel diffondere la cultura della solidarietà in un mondo in cui prevale l’egoismo e infine i problemi di coinvolgimento di nuovi volontari, soprattutto i giovani.

Nel dettaglio, la mancanza di lavoro di rete tra organizzazioni di volontariato è vista come un limite al ruolo anticipatore di risposte ai nuovi bisogni (30%) e al contempo l’incapacità di coordinarsi e di esprimere una rappresentanza unitaria sono considerati fattori che indeboliscono mettono in crisi il ruolo “politico” del volontariato (40% di risposte “Molto/Moltissimo“). La questione dei vincoli burocratici ritorna più volte: è diffusa infatti l’opinione che ci siano eccessivi lacci burocratici posti dai soggetti finanziatori (32%). Particolarmente complesso e contraddittorio risulta anche il rapporto con le istituzioni: i volontari pensano infatti di essere in grado di orientare l’attenzione verso i più deboli, tuttavia non riescono a controllare e a stimolare le istituzioni affinché si assumano le proprie responsabilità (54%). Nel rapporto con gli enti pubblici, poi, i volontari denunciano la mancanza di rispetto per l’identità del volontariato (41% di risposte “Molto/Moltissimo“), la confusione nei ruoli e nei compiti (31%) e il pericolo che il volontariato si sostituisca alle istituzioni pubbliche nel garantire i servizi essenziali e i diritti delle persone (33%). Emerge inoltre la difficoltà a promuovere momenti di programmazione (50%) e il rischio di essere strumentalizzati pur di ottenere finanziamenti (39%).

Traspare anche una certa consapevolezza del fatto che il volontariato non riesce a coinvolgere i giovani. Le motivazioni principali, a detta dei volontari, stanno nel fatto che la scuola non promuove la partecipazione a esperienze di gratuità (50% di risposte “Molto/Moltissimo”) e che i giovani sono indifferenti o rassegnati di fronte alle scelte politiche (42%). Inoltre, la precarietà del lavoro è un fattore che non facilita forme di volontariato continuativo (44%).

Infine, i volontari denunciano, nel complesso, la mancanza di risorse economiche sufficienti per la loro azione gratuita (58%) e la mancanza di un volontariato ‘professionale’ (cioè fatto di professionisti) all’interno del volontariato (44%), che ostacolano il passaggio dall’affermazione dei principi ad azioni efficaci.

La ricerca non considera solo i problemi, ma anche le potenzialità e le aree di investimento che possono favorire lo sviluppo del volontariato nei prossimi anni. Per quanto riguarda le priorità di investimento, i volontari segnalano in particolare la necessità di diffondere una cultura della solidarietà e della cittadinanza responsabile (indice di priorità 0.91, dove in una scala da 0 a 1, 0 è la priorità minima e 1 la massima ) e di coinvolgere le nuove generazioni in attività di volontariato (0.90), mantenendo saldo il contenuto che qualifica l’azione, ovvero la relazione tra persone (0.87). Viene sottolineata inoltre l’importanza, per il volontariato, di essere portavoce delle esigenze dei più deboli (0.84)e di saper comunicare le proprie azioni informando sulle proprie attività (0.83) e partecipando con le istituzioni alla programmazione dei servizi e all’elaborazione di progetti di interesse sociale (0.83). Un’ulteriore area di investimento è identificata nell’esigenza di nuove forme di collaborazione anche con gli altri enti del terzo settore, finalizzate su bisogni specifici, per meglio rispondere ai bisogni del territorio (0.78).

Il comunicato stampa completo è in allegato.