Per le persone con disabilità l’accesso alle cure sanitarie riserva ancora molte criticità. La frammentarietà degli interventi, il prevalere di logiche prestazionali, il mancato ascolto e l’assenza di partecipazione attiva sono tutti fattori che rendono difficile l’accoglienza e la cura del paziente. Di fronte a questa situazione, la Fondazione “E. Zancan” di Padova e la Fondazione “Paideia” di Torino hanno elaborato una serie di proposte concrete per regolare, sotto tutti i punti di vista, l’accesso ai servizi sanitari. Il documento è stato presentato oggi a oltre 70 esperti del settore nel corso di una “consensus conference”: si è trattato di un momento formale per trovare un accordo tra diverse figure rispetto a questioni sanitarie particolarmente controverse e/o complesse.
«Una ricerca svolta a Piacenza nel 2010 ha evidenziato alcune problematiche – spiega il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato –. Le principali sono legate all’accesso, cioè ai tempi di attesa e alle barriere architettoniche per fare solo due esempi. Un altro nodo critico è quello dell’accoglienza, dal punto di vista strutturale, ma anche della comunicazione, dell’ascolto e dell’accompagnamento. Infine, non è soddisfacente la capacità del sistema sanitario di dare risposte adeguate». In generale i problemi da risolvere riguardano la carenza di conoscenze, la condivisione delle informazioni, la presa di decisioni in condizioni critiche, la riduzione della sofferenza, la condivisione delle responsabilità e la rilevazione/gestione del dolore.
Il documento evidenzia alcuni presupposti necessari affinché l’assistenza sanitaria possa essere erogata in modo appropriato, come l’attivazione di un gruppo di riferimento per la disabilità, l’individuazione di un medico referente, la formazione specifica degli operatori e la formazione congiunta delle famiglie. Inoltre, si evidenzia l’importanza per gli operatori di poter disporre rapidamente delle informazioni cliniche, attraverso banche dati online o tramite i centri specialistici di riferimento. Anche la presenza di volontari facilitatori, con adeguate competenze professionali, risulta un elemento fondamentale a supporto della persona e della famiglia.
Dal punto di vista organizzativo si deve invece garantire: un’interazione con la persona disabile e la sua famiglia; tempi dedicati alle persone non collaboranti; l’intervento di personale preparato non solo dal punto di vista sanitario, ma anche nelle capacità comunicative e di relazione. È inoltre importante offrire la possibilità di accompagnamento costante da parte di un familiare o di un caregiver e la presenza di operatori volontari. Un’adeguata attenzione va riservata all’età evolutiva e alla transizione di questa nei servizi per l’età adulta.
Sul territorio devono essere attivati tre diversi tipi di servizi: il primo rimane l’assistenza primaria fornita dai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, che ora svolgono un ruolo marginale, ma che hanno il compito centrale di facilitare i processi di cura e continuità assistenziale. Il documento raccomanda, in secondo luogo, la predisposizione di un punto di accoglienza poliambulatoriale e di un poliambulatorio dedicato alle persone con disabilità complessa.
Infine, sono citati due strumenti utili all’accoglienza: il primo è l’Emergency Medical Card, un documento sintetico che riassume la storia naturale della patologia e le specifiche problematiche sanitarie, permettendo a tutti i sanitari di inquadrare le aree di maggior rischio e, se necessario, di contattare rapidamente i referenti competenti. Il secondo è il Passaporto: una scheda maggiormente centrata sulle caratteristiche complessive dell’utente.