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I nuovi Lea? Nati vecchi senza scienza e coscienza

“Clinica, ricerca e nuove tecnologie per l’autonomia e la qualità della vita”: su questo tema il confronto è sempre più serrato. Non riguarda la fine della vita ma tutta la vita, dal suo inizio. Riguarda soprattutto i bambini e i ragazzi con disabilità neurologiche complesse e il dialogo tra genetica, clinica, etica, farmacologia, prognostica funzionale, riabilitazione, tecnologie. La crisi del welfare non fa sconti a nessuno, neanche a chi ha la vita davanti. Lo fa in modi impietosi visto che, fino a qualche tempo fa, non era pensabile interrogarsi sul razionamento di risposte fondamentali per curare e prendersi cura. Ma oggi sta avvenendo. L’outcome multidimensionale è organico, funzionale, cognitivo, comportamentale, socioambientale, relazionale, valoriale, spirituale. Sono dimensioni vitali che solo insieme possono fare la differenza nel prendersi cura, clinico e umano, in modi sostenibili. I nuovi Lea non pensano così, si concentrano su quello che si può e non si può dare. Segmentano le responsabilità e accettano il rischio delle tante prestazioni non governate, con poca “scienza e coscienza” e con poca presa in carico clinica e comunitaria dei problemi. È una sfida per le pratiche generative: dovranno contrastare il prestazionismo e valorizzare il “concorso al risultato”, cioè tutte le capacità, anche minime, che ogni persona può esprimere. I loro potenziali emergono dalle sperimentazioni, con percentuali di maggiore outcome a due cifre, cioè sorprendenti, con indici di costo/efficacia convincenti. La convergenza su queste potenzialità sta mettendo radici nel dialogo tra discipline (clinica, genetica, riabilitazione, tecnologie, economia …). Sono scandite dai passaggi culturali espressi dai termini utilizzati: medicina preventiva, predittiva, partecipativa, personalizzata, di precisione. Si converge cioè sempre di più su “persona e spazio di vita”, insieme fonti di “staminali biosociali”, rigenerative a livello funzionale (genoma) e a livello vitale (capacità). Non ha quindi senso rinunciare al futuro più umano che ci aspetta.

Welfarismi, Rubrica di Tiziano Vecchiato su Vita, gennaio 2018