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Le povertà sono molte per questo non basta una medicina

Lo scorso 13 luglio l’Uea (University of East Anglia) ha festeggiato i 40 anni della facoltà di Servizio Sociale con studenti, ex allievi, amici e collaboratori, scrutando il futuro del welfare, ancora frastornati dalla Brexit. Non ha celebrato se stessa, si è interrogata sull’impatto sociale di tanti anni di lavoro, guardando ai frutti, al loro valore umano e sociale, in Inghilterra, Europa e negli altri continenti. Inevitabile un parallelo con l’impatto di molti studi in Italia, ad esempio dopo vent’anni di ricerche e discussioni su come lottare contro la povertà. Il giorno dopo l’Istat ci confermava che i poveri sono paurosamente aumentati (4,6 milioni in povertà assoluta nel 2015, 500mila più del 2014). Facile dare la colpa alla crisi e non a scelte politiche lastricate di trasferimenti. Hanno cambiato il colore della pelle, come i camaleonti, ma non la loro “misura”.

Quanto valgono i costi delle mancate politiche contro la povertà? Se ne è parlato molto, senza prendersi sul serio, preferendo seguire il fiume del consenso, cioè dando la stessa medicina per diversi problemi. I dati Istat non parlano “di povertà” ma “delle povertà”, distribuite nell’arco della vita e troppo radicate nelle famiglie con figli. In Parlamento la misura unica contro la povertà si sta facendo strada. Come velocizzarla? Combinando il diritto con il rovescio e stringendo le maglie. La nuova misura sarà “diritto” universale, il suo “rovescio” la rimessa in equità distributiva dei trasferimenti categoriali. Sono tecnicamente finalizzati a “determinati poveri”. Se i poveri assoluti riceveranno la misura universale senza i secondi e i trasferimenti categoriali saranno dati senza la prima, la copertura degli aiutati sarà più estesa, evitando il “cash overload”. Per i Comuni significherebbe trasformare in servizi più di 2 miliardi di spesa assistenziale.

Tutto questo nell’ipotesi che non venga fatta la riforma dei trasferimenti attesa da 20 anni. Ma sarà già un risultato, con un’exit anche per noi: la finiremo di dire “siano quasi gli unici in Europa senza una misura universale”. Altrove quelle “finalizzate” non se le possono permettere.

Rubrica “Welfarismi” di Tiziano Vecchiato. Estratto da Vita, agosto 2016