È possibile trovare un modo nuovo per risolvere i conflitti e affrontare le differenze che la società odierna sottopone? Esiste un’alternativa al clima di paura e insicurezza che sembra diffondersi in modo tanto capillare? La Fondazione Zancan onlus e la Casa della Carità di Milano ne sono convinte e, a conclusione di un seminario terminato ieri a Malosco (sede estiva della Fondazione), rilanciano l’esperienza dei “laboratori di cittadinanza“.
È trascorso esattamente un anno da quando, nel corso del seminario “Vivere tra diversi e gestione dei conflitti in una società glocale”, si era pensato alla costituzione di uno spazio di progettazione partecipata che fosse anche un luogo dove sperimentare esperienze di inclusione e coesione sociale, migliore convivenza, cooperazione tra diverse responsabilità. Nascevano allora i laboratori di cittadinanza, esperienze ‘pilota’ il cui principale obiettivo era di implementare le abilità necessarie per agire nei luoghi in cui i conflitti si sviluppano e di avviare una riflessione sulle esperienze fatte per ricavarne idee e metodologie di superamento dei conflitti. “Il nostro progetto è nato dalla consapevolezza che viviamo in società con molti problemi legati alla paura e alla diffidenza – spiega il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato -: l’incontro con la diversità sempre più crea barriere e genera conflitti. Ecco perché abbiamo bisogno di cercare soluzioni nuove per affrontare i problemi, senza però aumentare il fabbisogno di risorse che abbiamo a disposizione. Un esempio su tutti è quello della non autosufficienza: per sostenere gli anziani soli è sorto nel tempo il fenomeno delle badanti, che però finora è stato irregolare. Tramite i laboratori si potrebbero studiare soluzioni nuove che risolvano questo come altri problemi delicati”. Così concepiti, i laboratori si configurano come dei territori di ‘confine’, dove si concentra la maggiore conflittualità tra le prassi correnti (spesso insufficienti o inadatte) e i nuovi bisogni che premono. Ed è proprio in questi luoghi che esiste una maggiore possibilità di lavorare per trovare soluzioni concrete. Un esempio è proprio l’esperienza della Casa della Carità, che accoglie chiunque si trovi in situazioni di fragilità, disagio sociale, emarginazione. In sostanza, il laboratorio si propone di essere strumento e strategia per ‘normalizzare’, nel senso di dare legittimazione giuridica, anche a situazioni inedite che anticipano nuove forme di convivenza e di solidarietà.
“Con il seminario di quest’anno ci siamo proposti di avviare una sperimentazione e di costituire una rete territoriale che unisca varie esperienze di laboratori” afferma Virginio Colmegna, presidente Fondazione Casa della Carità, che aggiunge: “In un contesto in cui l’insicurezza la fa da padrone noi vogliamo aprire all’inclusione. È proprio in questa direzione che vogliono operare i laboratori di cittadinanza, con lo scopo anche di ridare valore a una cultura del volontariato legata alle reti culturali di solidarietà attiva”.